Intervista Ai “Bud Spencer Blues Explosion”

Just Blues.

Quando io e Emiliano (da qui in poi Paja) arriviamo davanti l’Orion siamo in anticipo di cinque minuti. Mai successo, e credo che non succederà mai più, nemmeno per i nostri matrimoni. Se mai ci saranno.
Appena parcheggiamo, esce un sole che non si vedeva da giorni e giorni. È un segno.

Non nego di essere nervoso. E pure tanto.

Aspetto il concerto dei Bud Spencer Blues Explosion da almeno due mesi, da quando sotto la metro di Ostiense l’occhio si è lanciato sul manifesto dell’Orion.
Ma più che altro, lo aspetto da quando così, per scherzo ma nemmeno poi tanto, gli mandai un messaggio su Facebook.

“Ciao, sono un blogger che non ha nulla se non un sito personale. Sono un vostro fan e vorrei intervistarvi, anzi chiacchierare. Non pensate che sia scemo!!”

In sintesi, questo è stato il messaggio a cui non mi aspettavo risposta.
Ma non per loro cattiveria, anzi: la loro tranquillità e voglia di stare in mezzo a chi li ascolta è palese ad ogni live. E due pischelli che in tre anni sono stati due volte in America per tour e blues contest, che hanno girato l’Italia più loro che Gigi Bersani in campagna elettorale (riscuotendo per altro molto, ma molto più successo), e che fanno un pieno di gente ogni volta.. beh, io forse me la tirerei un po’ di più.
E invece passano pochi giorni che:

“Ciao Jacopo.. perché no? Cesare.”

Morto.

Da lì è iniziata un’attesa spasmodica, in cui ogni momento era buono per tirare fuori un taccuino e buttare giù domande, osservazioni, strappare un ricordo di un’intervista trovata sul Tubo per tirarne fuori qualcosa.
Ho ascoltato mille e mille volte tutti i loro album (di nuovo), ho cercato filmati di live sul palco ed in studio, rimanendo incredulo nel vederli improvvisare in mezzo ad un sentiero accanto ad un bosco, con Adriano, la sua chitarra acustica e l’inseparabile slide e Cesare seduto a terra con solo il rullante tra le gambe, suonato a mani nude, o vederli giovanissimi tenere lezioni di Blues alla Sapienza.
Insomma, ho scoperto che ‘sti due ragazzacci oltre ad essere parecchio bravi, hanno la necessità di suonare. Come, dove e quando possibile: l’importante è suonare.

Mi sono preparato come per un esame, come se le domande dovessero farle loro a me, e il non saper rispondere potesse diventare un divieto a vita di andare ai loro concerti. Non potevo permettermelo.
Il problema è che più passavano i giorni, più erano le domande che cancellavo: troppo semplici, già sentite. Mi dicevo “Con loro ci vorrei parlare, non interrogarli”.
Poi, l’illuminazione: il 21 sarebbe stato, oltre al loro concerto, il Natale di Roma e la giornata mondiale del negozio di dischi. Voi direte, va bene per il secondo, l’input è  buono e coerente. Ma la prima? Cioè, bello il fatto che il “compleanno” di Roma e via dicendo ma.. cazzo c’entra?

Vedrete.

Ma arriviamo al “giorno”. Scesi dal Maggiolone del Paja (che farà poi da sfondo all’intervista di quei bravissimi ragazzi di “Rome Live Music“), aspettiamo qualche minuto fuori. Il sole in faccia è solo una scusa che trovo per aspettare quel respiro profondo che mi serve per prendere borsa, macchinetta fotografica ed una buona dose di coraggio.
È il suono che sento mentre ci avviciniamo a farmi capire che andrà tutto ok. Lo sbalzo tra la luce del sole e il buio del locale mi lascia cieco per un po’, ma non sordo. Ecco lì Cesare a pestare la batteria come fosse giorno di vendemmia, e il vino che ne esce è calma per i miei nervi: siamo qui, finalmente ci siamo, non si scappa. Anche perché tutto voglio fare tranne scappare.

Momenti rari. E no, non sono bravo a fare le foto.

Quella che segue è un’ora e mezza di sound check, prima con Cesare, poi con Adriano e poi insieme, giusto per provare perché chi li conosce sa che la loro è solo una bozza di scaletta.. il resto viene da sé.
È bello vederli in un momento del genere, ma soprattutto è curioso vedere il contrasto tra il metodo chirurgico che applicano nel sistemare e provare gli strumenti, e la furia devastante che scaricano durante lo show.
Sembrano dei costruttori di bellissimi castelli di sabbia che fanno poi esplodere con i fuochi d’artificio.
Il bello distrutto con il superbo.

E alla fine anche questo momento finisce, e odio quando aspetti una cosa che sembra non arrivare mai e poi quando arriva nemmeno te ne accorgi. Tipo il weekend, o un orgasmo. E, scusate la malizia, ma oggi voglio godermelo e fumarmici pure una sigaretta dopo, checcazzo. Quindi occhi aperti e lucido.. anche se solo a metà.

Eccoli che escono dai camerini, e dopo qualche chiacchiera si inizia con i turni delle interviste.Ma c’è un problema: avendo parlato direttamente con Cesare e non con l’ufficio stampa, non sono in lista per le interviste. L’attimo di panico è spazzato via da quel santo di Daniele, nel team tecnico dei Bud oltre ad essere quello che crea e fa rispettare tutti gli ordini di interviste, set e così via. Dopo una chiacchierata, riusciamo a farci mettere in coda (grazie ancora davvero). Conosciamo le ragazze che sono prima di noi per parlare con loro, ci conosciamo un po’ e il fatto che io non scriva per nessuno se non per me le spiazza un po’.
Se ci penso, spiazza ancora anche me.

Adriano e Cesare ogni tanto riemergono da un’intervista, un tramezzino e gli ultimi aggiornamenti sulla situazione palco e salutano tutti, col sorriso e scusandosi sempre per l’attesa.
“Starei qui anche con la III Guerra Mondiale in corso”, e per fortuna lo penso solamente.
E alla fine eccoci lì, in fila coi Bud verso il camerino, che quasi mi viene da ridere.
Ci sistemiamo, io su una sedia e loro sul divano di fronte con il Paja in mezzo.

Ci siamo: i miei emisferi cerebrali si incrociano al posto delle dita perché non mi sembra carino farmi vedere così scaramantico.
Ho Cesare a sinistra, col cappellino e l’atteggiamento di chi vuole chiacchierare. Adriano, la sua chitarra in mano ed il suo sguardo tranquillo completano l’opera e decido di partire.

Accendo il registratore e..

[dopo le presentazioni, iniziano le domande]

J – Allora, volevo farvi un paio di domande allacciandomi al fatto che oggi è il Natale di Roma ed il Record Store Day. Riguardo a Roma, ho visto una vostra intervista in cui parlavate dell’idea di collaborare con il “Colle der Fomento”. Mi interessava sapere come è nata questa idea.

Adriano – Innanzitutto perché il “Colle der Fomento” è un gruppo vero, un gruppo semplice. E allo stesso tempo è un gruppo che dice le cose come stanno e senza sorrisi, e secondo me questa è l’attitudine giusta. E poi siamo orgogliosi che questa sia un’attitudine che esiste a Roma! Poi conservano questo rap degli anni ’90, vecchia scuola, che magari ha meno virtuosismi ma più concetti.. e questa è una cosa bella. Per cui io, da fan, quand’ero ragazzino che me li sentivo, ho sempre pensato che sarebbe stato fico fare un pezzo con loro, però al momento rimane solo un ‘idea.

J – Beh certo, infatti mi interessava il perché l’idea di collaborare insieme. Tu quindi li ascoltavi spesso?

A: Si si, avoja.

J – Per quanto riguarda invece la Giornata del Negozio di Dischi, e l’importanza del disco fisico in sé. Io cerco sempre di comprare il cd, [ruffiano mode on] anche i vostri li ho comprati su disco fisico.. compreso il vinile che se dopo magari me lo autografate.. [ruffiano mode off], voi che rapporto con il disco?

Cesare – Beh non avevo una lira, quindi fondamentalmente scaricavo perché di musica ne avevo bisogno, quindi c’è poco da fare: o te la scarichi, o non la senti. Visto che la musica è una necessità per me, per lui (Adriano, ndJ), per tutti, non solo per i musicisti, appena ho preso qualche soldo non solo con i Bud ma anche con altri lavori, la prima cosa che ho fatto è stato ricomprare i dischi che avevo scaricato, che già avevo sotto forma di mp3, ma di cui volevo riassaporarne il gusto avendo il disco.
Perché non è una mania dire che il suono è differente, è proprio così ed è un’altra cosa ascoltare un disco vero, come è bello ad esempio ascoltare determinati dischi in vinile piuttosto che su CD. Non necessariamente dischi vecchi, ma anche dischi che escono adesso che sono registrati su nastro e non digitalmente, forse rendono anche di più in vinile. Insomma è bello, è una cosa completamente diversa.
Secondo me c’è un calo ora, nello scaricare: sai all’inizio, quando una cosa è gratis, tutti la vogliono. Conoscevo gente che non si era mai cagata la musica in generale però poi aveva le discografie di tutti, mai sentite. Solo perché lo potevano fare gratis. Adesso è un po’ passato quel periodo, ora quando esce il disco ascolto l’anteprima su iTunes e poi li vado a comprare.
E poi il disco è proprio bello, con il libretto..

A – Beh anche il negozio di musica è come una biblioteca: andare lì a cercarti i dischi, a guardarti tutte le copertine.. sono necessità che comunque chi fa musica deve soddisfare. Per cui è un bene che ci sia questa festa.

J – Grandi.. Un’ultima cosa: come primo articolo di questo blog ho parlato degli artisti di strada, visto che mi sono trovato in mezzo ad una loro protesta visto che in quei giorni veniva discussa un’ordinanza, che è passata, e che limita al massimo la possibilità a questi ragazzi di esibirsi per strada..

C – Maddai..

J – Già. Adesso quindi c’è tutta una burocrazia di prenotazioni, il rischio del sequestro di strumenti e di multe.. insomma a classica cosa all’Italiana. E per questa cosa mi è venuta in mente una domanda: voi avete mai suonato per strada?
Mi spiego: mettervi lì voi come Bud, o individualmente, magari agli inizi.. non per forza per i soldi, ma anche solo per il gusto di mettervi lì e suonare, non so, a Trastevere o comunque a Roma in generale.

A – Guarda in realtà no, però certo se c’era una chitarra, una strimpellata sempre a titolo personale si faceva. Per divertimento insomma, senza farlo con l’intenzione di aggregare delle persone.

C – Si anch’io l’ho fatto sempre con gli amici.. [parlando con Adriano] Però con i Bud ti ricordi avevamo pensato di farlo, perché facciamo anche dei set acustici di solito in radio, sempre un po’ strani per le cose che usiamo.. e quindi sarebbe perfetto come set in strada.

J – Si, ho visto molti vostri video in cui suonate con strumenti alternativi.

C – Si, magari con la chitarra acustica e l’ampli a pile, che lo porti ovunque. Sarebbe fica come cosa.. e poi secondo me si alzano pure bei soldi!!

J – Beh si, so di gente che facendo giocoleria al semaforo qualche soldo lo tira fuori.

C – Sicuramente, anche se in Italia molto di meno. Ad esempio a Londra c’è un’organizzazione mostruosa, vai in strada e ci sono praticamente le spine della corrente. C’è molta più dignità. Il fatto di suonare per strada viene visto come una cosa….

A – ‘na poracciata!!

[ci sono un paio di minuti d’interruzione dovuti alle ultime dritte del tecnico a Cesare, con un sacco di risate alla fine. Il bello della diretta!!]

J – Si, per questo vi ho fatto la domanda perché sembra che chiedo se siete andati a fare l’elemosina, invece anche per me è una concezione diversa quella di andare per strada.

C – Ma è normale. Cioè, la musica è San Siro, è Sanremo, X-Factor.. no X-Factor no.. però alla fine la musica è tutto: anche uno che sta a casa e suona la chitarra da solo. C’è chi decide di studiarla tutta la vita e chi invece, non so, ha un’attitudine più punk.. ma non è che uno è più stronzo dell’altro. È un mezzo di comunicazione, ognuno fa quello che vuole.

J – Ok.. beh ragazzi, grazie. Erano domande molto random però.. questo volevo chiedervi.

C – Mi dispiace che avete aspettato un sacco di tempo, ma abbiamo avuto problemi tecnici..

Paja [ve l’eravate dimenticato eh?] – Anzi, c’ha fatto pure piacere!!

J – Capirai, non ce pareva vero. Ci siamo messi lì a sentirvi tutto il tempo. Ragazzi grazie davvero, adesso me faccio firmà il vinile però!!

[gli ultimi due minuti sono chiacchiere sparse, un po’ di info sul live registrato allo Studio Nero, Adriano che strimpella la sua chitarra acustica e ci chiede di dove siamo, oltre a preoccuparsi se avevo preso o meno la maglietta allo studio. E poi, si, ci ha detto “che miti!!”. Tiè.]

Eccoli qui, i Bud. Esattamente come me li aspettavo.
Anzi, fatemelo dire: meglio di come me li sarei aspettati.

Adriano e Cesare sono due ragazzi che suonano perché gli piace suonare. Gli piace sudare sui loro strumenti, sulla loro musica. Amano la musica in generale, e tutto quello che ci gira intorno. Per loro suonare per delle persone è un piacere, un onore.. e si vede.
Se penso che hanno accettato d parlare con me, che alla fine sono uno che i loro concerti e i loro album li ha sempre sentiti da fan, e mai da “operatore del campo”, ancora mi fa ridere. E rido contento, perché sapere che al mondo ci sono persone come loro, persone che solitamente pensi estranee e lontane da te e che invece ti accolgono nel loro camerino per parlare, mi riempie il cuore.

E non smetterò di ringraziarli non solo per il tempo che mi hanno dedicato, ma soprattutto perché quando hanno accettato di farlo ho deciso di aprire questo blog.
Quindi non fosse per loro (e per Veronica per la spinta finale e decisiva), non starei qui a prendere coraggio e a togliermi delle belle soddisfazioni.

Come dite?
Ah, com’è andato il concerto?
C’è bisogno davvero che vi dica com’è andato un concerto dei Bud Spencer Blues Explosion?

Ok, ve lo dico ma a modo mio.

Il fuoco nelle vene.

È stato sudato, urlato, fotografato, potente e graffiante. C’è stata “Giocattoli”, ormai una delle mie preferite in assoluto. Ci sono stati gli sguardi d’intesa fra di loro, i sorrisi di Adriano quando gridavamo “Dajeeeeee!!!!!!!!!!” e ci sono stati i colpi di quel metronomo umano che è Cesare. C’è stata “Dark was the night, cold was the ground”, che rimarrà per sempre la MIA cover preferita dei Bud. Mia e solo mia. Ci sono stati gli abbracci con mio cugino che non vedevo da tempo e che anche dopo anni riesco sempre a far finire sotto a gran bei gruppi. C’erano gli occhi chiusi del Paja che se la viaggiava. C’erano alcune delle persone a cui voglio più bene. C’è stata l’euforia per aver fatto partire praticamente tutti gli applausi. C’è stata quella tizia che mi voleva salutare ma che proprio non conoscevo e che alla fine ho dovuto scansare.

Ma soprattutto c’era la mia personalissima voglia di sentirli, di nuovo e finalmente. La mia voglia di poter dire di nuovo “io c’ero”, di fregarmene se ero il pazzo solitario che agitava da solo le braccia in aria imitando i movimenti di Adriano prima e quelli di Cesare poi. La musica, quando piace, ti esime dal dare e ricevere giudizi.

E sarà forse un modo stupido e retorico per chiudere, ma la musica fatta bene è qualcosa che unisce le persone, e Sabato sera si era formato un bel gruppo di amici sconosciuti.

Quindi, semplicemente, grazie Bud.

Alle prossime.

Un commento

Lascia un commento

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.