La ragazza schiude piano gli occhi quando sente scricchiolare la porta d’ingresso.
Il gelo interminabile di quei mesi entra di prepotenza nella casa già fredda ma non dentro di lei, ché il freddo non può scalfire il gelo che si porta dietro da una vita.
Quando la porta si richiude mette a fuoco la figura di uno sconosciuto che però le sembra di conoscere da sempre. Ha con sé una scatola di pietra, che sembra più pesante di quanto non lo sia in realtà.
La poggia delicatamente sul tavolo posto tra lui e la ragazza, uno dei pochi mobili presenti nella stanza oltre a due vecchie sedie, una credenza con un solo ripiano ed una poltrona senza braccioli dove è seduta lei.
Lo sconosciuto si toglie i guanti e la sciarpa, riponendoli con cura sullo schienale di una delle due sedie. Un piccolo sbuffo di polvere si alza sotto la pressione del tessuto e si dissolve andandosi a poggiare su altra polvere.
Si guardano, e sanno già che non dovranno nemmeno parlarsi. Si conoscono da così tanti secondi che sembrano già una vita, ma una vita senza ricordi. C’è solo la sensazione di aver già commesso uno splendido delitto, ma senza le prove.
Lo sconosciuto muove un passo verso la ragazza, che rimanendo seduta inarca di scatto la schiena all’indietro come un gatto sulle difensive.
Sgrana gli occhi e con un ghigno mostra i denti.
Lui muove lo stesso un altro passo, più lentamente, e sorride.
Prima di allontanarsi definitivamente dal tavolo prende di nuovo la scatola e la tiene su entrambe le mani, quasi volesse offrirla alla ragazza.
Lei rimane rigida, con le mani sulle ginocchia unite, composte.
Quando si trova ad un paio di passi da lei s’inginocchia: il pavimento freddo gli gela subito la pelle nonostante lo spessore dei pantaloni. Si guardano negli occhi, mentre le condense che escono dalle loro bocche ad ogni respiro si uniscono a mezz’aria, formando una sola unica nuvola di calore in quel cielo di freddo.
Tenendo la scatola di pietra con una mano, con l’altra ne apre il coperchio. Dallo spiraglio che si crea ne esce una luce forte, piena, ma soprattutto calda. Quando il coperchio rimane completamente sollevato dal volto –e dal corpo- della ragazza, scompare ogni minimo segnale di tensione, paura e pregiudizio.
Lo guarda, finalmente, negli occhi.
Rimangono così per mesi, a scambiarsi parole senza aprire bocca, a toccarsi senza muovere un muscolo, a creare ricordi da mettere in un angolo, per quando tornerà il freddo.
La Fiamma nella scatola arde per tutto il tempo, illumina e riscalda, avvolge e tranquillizza.
Poi un soffio di vento, una fessura tra le crepe di quella stanza vecchia, e tutto si spegne.
Con la Fiamma se ne va il caldo, la sicurezza, la voglia e la possibilità di guardarsi in faccia.
Il buio li avvolge entrambi.
Anche se lui non può vederla, sente lei inarcare di nuovo la schiena, con le vertebre che scricchiolano di tensione dopo mesi di rilassamento.
Sente di nuovo le palpebre sgranarsi ad aprire i suoi occhi, ed i denti si stringono in un lucido e vigile attacco di bruxismo.
Lo sconosciuto richiude la scatola ormai gelida, e quando si rialza le sue ginocchia quasi rimangono attaccate al pavimento.
Si fa leva con una mano sulla gamba, ed ogni suo singolo osso comincia a picchiare fortissimo ogni suo muscolo.
Ma non muove un’espressione che è una.
Tra sbuffi di condensa e sibili di vento, si gira e poggia di nuovo la scatola sul tavolo.
Dopo aver infilato i guanti, e mentre gira la sciarpa intorno al collo, sussurra
“Mi dispiace”
che quasi le lettere si formano a mezz’aria dalla nuvola di gelo.
Lei non dice nulla, muta come quando lui entrò mesi prima.
Lui si gira un’ultima volta prendendo la scatola, e lei è di nuovo lì, con le mani sulle ginocchia, composta, occhi di nuovo socchiusi.
A suo agio nel suo gelo.
La porta si richiude alle sue spalle.
Osserva la scatola, mentre una lacrima si ghiaccia all’angolo della bocca.
Mentre ne saggia la salinità, mette la mano guantata in tasca e ne tira fuori una piccola confezione di cartone. Dentro, un unico fiammifero.
Solleva la scatola e si curva su se stesso, per proteggerla dal vento. La apre, sfrega il cerino sul fondo ed una nuova fiamma si accende. Richiude subito il coperchio, ed alza la testa.
Di fronte a lui una sconfinata distesa bianca, piatta e gelida.
Guarda all’orizzonte, e comincia a cercare la prossima, vecchia casa.
bello, intenso, ma mancano un paio di virgole che stravolgono il senso della frase
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Si son perse nel gelo.
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