Un sacco (ma non troppo) di tempo fa, stavo proprio così.
Ché io ho avuto sempre un problema: la sensibilità.Magari per una donna è normale, esserlo un poco di più delle altre.
Ma per i maschietti, già esserlo e basta, è una dannazione.
Piango per le pubblicità.
Mi emoziono quando un pubblico, in tv o per strada o quelle poche volte che vado a teatro, applaude. E mi emoziono nel vedere chi li riceve, gli applausi.
Ho pianto l’altra sera quando hanno letto un mio pezzo, ed uno sulle Fosse Ardeatine.
E non è solo il pianto che mi frega, ma pure l’empatia.
‘sti cazzo di neuroni specchio.
E quindi, se sei un maschietto che piange spesso e vorrebbe abbracciare ogni barbone che incontra per strada, stare in mezzo ad altri maschietti non è facilissimo.
Non ci arrivano. Speri ti chiedano, ma non lo fanno. Speri capiscano, ma niente.
E quando stavo proprio male male, un sacco (ma non troppo) di tempo fa, ancor prima di aspettare che non capissero, li ho allontanati. Ero furioso. Nessuno capiva.
Nessuno poteva capire.
Però ho rischiato di perderli.
Sì è vero, gli amici (se sono amici), non se ne vanno.
Ma pure qualche vecchia conoscenza di Hitler, quando ha cominciato a capire l’antifona, se ne sarà andato.
– Io avere intenzione di coztruire campi concentramento, ja.
– Adolf, non mi zembra crante idea eh. Non puoi tu continuare a fare artizta di quadri?
– Ma zarà bellizzimo! Facciamo stazioni ja, e chiamo Bayern per gaz ja, e pozziamo fare di ezperimenti!
– Ehm, Adolf, vado a comprare le zigaretten ja.
Nessuno capiva il povero Adolf.
Io, dopo aver fatto mille casini e impicci e cose che, va beh, lasciam perdere, mi sono guardato allo specchio e mi sono fatto un po’ di domande: perché sono triste? è qualcosa che possono risolvere gli altri? che posso fare, io, per non esserlo più e senza l’aiuto di nessuno?
E mille altre, io che di domande non me ne son mai fatte.
Ho cominciato a dubitare di me, razionalmente, in modo ordinato, non abbandonandomi alla solita “la vita è ‘nammerda”.
Ché per quanto l’ex è stata una stronza, per quanto quella dopo peggio, nonostante un padre assente ed una madre e fratello lontani, il lavoro che non c’era e mille altre sfumature, alla fine il problema ero (sono) io.
E da quando l’ho capito, non ho smesso comunque di questionarmi. Mai.
Anche ora, che ho la fortuna di vedere dei miei lavori apprezzati, ora che ho un lavoro, ora che ho capito davvero che persona è mio padre e quanto alla fine mia madre e mio fratello mi siano comunque vicini, ora che sì la mia ex è stata stronza ma ora ci facciam gli aperitivi che pure io non son stato un santo (l’altra rimane stronza), soprattutto ora, che ho la fortuna di avere una splendida persona che cammina accanto a me –e vada come vada- ecco, proprio ora non smetto di chiedermi.
Di paragonarmi al me stesso di anche solo un anno fa.
Di confrontare le situazioni presenti con quelle passate.
Che alla fine son le sfumature, i dettagli, a far la differenza, il resto è sempre lo stesso film.
Non volevo darti consigli.
Ché ho le scarpe zuppe, mi rode il culo che sì il lavoro ma quando hai un contratto spesso si trasforma in ricatto, che ho 13€ da qui al prossimo stipendio, che vorrei pure io il sole eh, e quindi son proprio l’ultimo a poter (dover) dare consigli.
Però continuo a chiedermi, chiedermi e chiedermi.
Magari le risposte son la metà, ma sono sicuramente il triplo di un anno fa.
Ti abbraccio forte.