
Berlino è nelle bottiglie stipate nelle buste del Kaiser’s, in mano ai senzatetto che ti sorridono gentili quando gli porgi una Berliner appena finita.
Berlino è in quella pozza perenne sotto al cartello «You are now entering» del checkpoint Charlie, che nessuno la nota ma fa u gran bell’effetto specchio per una foto al segnale.
Berlino è nella striscia di mattonelle che segna il passaggio del muro, e che quando ci fai caso non puoi non pensare al fatto che ti puoi permettere di fare «Alba! Tramonto!» come Homer da Ovest a Est, mentre nemmeno 30 anni fa ti sparavano sulla schiena.
Berlino è nel parquet scricchiolante degli appartamenti, coi pavimenti storti e le tazze del cesso col rialzo, così che tu possa vedere la tua cacca ancora calda.
Berlino è nell’odore quasi perenne di Turchia, fatto di felafel fritti al momento e kebab in scatola mai così buoni.
Berlino è nella torre della TV, che ancora più della Tour Eiffel ti ricorda dove sei, dove puoi andare, ma soprattutto da dove vieni.
Berlino è nella maniacale simmetria di Karl-Mark-Straße, un continuo specchio che non accetta difetti o imperfezioni, un tunnel architettonico dove la fine sembra non arrivare mai.
Berlino è nelle scritte sui muri, negli adesivi strappati, nell’onnipresente flyer del museo dei Ramones, nelle transenne di plastica bianca dei baustelle e nelle gru che incrociano le punte e fanno il cielo a quadri.
Berlino è nei caffè lunghi dei chioschetti, con le vetrine colme di fette di torta piene di glassa e brezel grossi come vinili.
Berlino è nei palazzi signorili abbandonati e riqualificati da decine di ragazzi che ci organizzano i concerti punk zozzi e puzzolenti, dove ti ritrovi a pogare sulle note di «Territorial Pissing» con due lesbiche piene di rasta e sudore.
Berlino è ovunque a Berlino, e in nessuna parte.
Berlino è mondo, e nel mondo ci si trova sempre bene.