“Ma perché cazzo la gente dice le cose e poi non le fa? Quale contorto ragionamento ti porta a dire, parlare, qualche disperato tentativo vuoi fare se poi, alla fine, son parole al vento?
Prendi me: mi piace parlare, ma tantissimo. Posso star lì ore a chiacchierare cambiando argomento senza grossi problemi. Ho dialettica, metto bene insieme le parole e questa cosa spesso mi ha aiutato a sembrare un po’ più meglio assai di come io sia veramente. Ma non ho mai fatto credere a qualcuno qualcosa. Non è che abbia mai detto a qualcuno
– Oh, domani non hai capito, andiamo qui e lì e anche là!
per poi sparire.
E parlo di cazzate poi eh. Nel senso, ne dico tante e in questo momento parlo di cazzate, cioè di cose stupide che sto prendendo ad esempio ora per dire che certa gente a volte dovrebbe stare zitta e basta.
E invece.
E invece parla.
Parla spesso nei momenti sbagliati, raramente in quelli giusti ma comunque dicendo vaccate, parla a vanvera pur di riempire un silenzio che magari, in quel momento, va affrontato e basta.
E invece parla.
Parla lanciando piccoli sassi che ti colpiscono senza lasciar segni, la mano subito nascosta e l’altra con l’indice alzato a roteare, della serie
– Chi sarà stato?
‘sto cazzo.
Ci siamo solo io e te qui eh.
Si poteva star zitti.
E invece parla.
Parla per riempire il vuoto che si sta per creare, parla per disperazione, parla perché non ha parlato per troppo tempo.
E tu?
Tu stai lì e ascolti.
Stai disarmato a sentire cose che ti montano dentro come il bianco dell’uovo nella ciotola, crescono dentro e rimangono appiccate, appiccose dentro la tua testa.
E mentre la gente parla tu, che hai tutti i difetti del mondo, in quel momento quasi ti incazzi e sai già che quello verrà usato contro di te nel tribunale del torto. Sarai unico imputato contro giudice e giuria e accusa tutti con la stessa faccia dura, orgogliosa, che punta il dito verso di te per rispondere alla domanda
– Può indicare la persona che si è alterata durante la discussione, portando l’accusa a pensare di avere ragione?
E tu che sei lì, solo, senza avvocato, che provi a difenderti ma scopri che in realtà tutto il processo è finto, fin dall’inizio. Costruito ad arte solo per metterti alla gogna e sperare tu venga divorato dai sensi di colpa dopo, quando il verdetto è che sei un tiranno, uno stronzo, uno che non ha lasciato spazio o parola o movimento alle persone, uno che parla per soggiogare, uno che sta zitto per ferire.
– Vostro Onore, sa che c’è? Ma andate tutti quanti affanculo!
Vilipendio!
Oltraggio!
Come ti permetti?
Adesso, basta, non parlo più!
E invece parla.
O anzi, a quel punto, ha parlato.
E non c’è appello, contro appello né tribunale speciale che possa assolverti ormai. Tutto è deciso, tutto quanto è stato già certificato: sei una merda.
La fortuna mia è che so come sono fatto, quello che ho fatto e (più o meno) quello che vorrei fare.
Ho dei punti fermi, ho provato a farci girare sopra altre persone ma tant’è, gli altri son gli altri e puoi dirgli (e non dirgli) tutto quello che vuoi.
Alla fine c’è il libero arbitrio, anche se certe persone lo scambiano per
– Io faccio come me pare, tu puoi anche morire.
senza pensare che magari un poco di empatia farebbe bene a tutti.
Ma ognuno è libero di fare come vuole, ma deve ricordarsi che ci sono sempre conseguenze per le cose dette, e anche non dette.
Perché un giorno si realizzano.
Mentre ci si sta per addormentare, mentre si scopa con una persona, mentre sembra che tutto vada bene un piccolo, piccolissimo ictus di ricordi esploderà nella testa delle persone, che in quel momento realizzeranno quanto sarebbe stato importante star zitti, per davvero.”