Di Rocce, Ragazzi E Rivoluzione

Poi studiano pure eh.
Poi studiano pure eh.

Sono seduto ad una scrivania che conosco da poco più di ventiquattr’ore.
Nell’altra stanza c’è qualcuno che si asciuga i capelli ma pur essendo sveglio dalle nove ancora non ho capito chi sia.
Un sole che ancora non mi aveva mai scaldato filtra da queste tende bianche.
Ascolto l’ultimo di Brad Mehldau e penso sia follemente fico. (così, tanto per)

Sono a Meolo, in provincia di Venezia.
Sono qui perché ho partecipato ad un concorso con una sceneggiatura per un corto, e su più di trecento storie hanno scelto la mia.

Chi?

I ragazzi di BigRock.

Che fanno questi a questa BigRock?

In prati..

E poi ma cos’è BigRock?

OH. Piano con le domande, eh.
In pratica sono una scuola di computer grafica. E fin qui, tutto ok.

Solo che loro filosofia non è: venite in classe, imparate, fate, ciao.
Qui tu entri in un modo, ed esci in un altro. E a me è bastato qualche contatto iniziale ed un giorno per capirlo.

Quando i ragazzi entrano per la prima volta a BigRock, ex fienile immerso nella campagna veneta, sono spinti da una passione enorme per tutto quello che riguarda CG, poligoni, pesature, zone bianche e nere, maquettes (così se mi leggono faccio quello che si è imparato i termini). Arrivano con questa passione selvaggia, incontrollata. C’è chi ha mollato tutto per venire qui e partecipare al master, chi si è sbattuto per pagarselo, chi fa avanti e indietro i weekend per tornare a casa.
Questa passione, però, non viene smorzata, né messa in riga al servizio della produzione.
Il loro impeto viene alimentato, nutrito con viaggi, feste, e con una sola, grande regola: vivere in gruppo.
Quello che Marco, il direttore, ha ribadito più volte è che i ragazzi devono divertirsi, devono studiare, ma prima di tutto devono imparare a stare e principalmente essere, un gruppo.

L’esempio più bello è il viaggio negli Stati Uniti che ogni anno la scuola organizza.

Ci sono quattro tappe: San Francisco, Los Angeles, il deserto del Nevada e Las Vegas.
E ok, ovvio, vanno alla Pixar ed in tutti i posti che fino al giorno prima la maggior parte aveva visto solo come logo all’inizio dei film d’animazione.

Il vero viaggio di scoperta però, come diceva Proust (Google saves), non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi.
E sono proprio gli occhi di questi ragazzi che s’illuminano, quando ti parlano del viaggio, a farti capire quanto sia stato importante. Perché ci sono sì quattro tappe, ma nel mezzo loro si perdono. Per scelta, per modalità di viaggio, per viverselo davvero.
Sei jeep, nella numero uno in testa alla fila a volte si fa dire un numero e destra o sinistra.

“Quattro sinistra!!”

E via che alla quarta a sinistra si gira e poi così alla prossima ed alla prossima ancora.
È così che hanno bucato due volte nel deserto, lasciando la macchina lì. Così sono arrivati all’albero dei desideri di San Francisco dove chi vuole può attaccare ad un ramo il suo biglietto con su scritta la cosa che desidera. Così hanno trovato una città abbandonata in mezzo al nulla.

Così tornano da un viaggio con gli occhi nuovi.

Che poi sono gli stessi occhi di ragazzi giovani che fanno feste pazzesche, ma sul serio. Occhi curiosi, affamati del presente e con già apparecchiato per domani.

I fondatori, Marco e Guido, non sono persone normali.
Assolutamente no.
Sono rivoluzionari.
Hanno avuto un’idea, l’hanno portata avanti e dopo pochi anni hanno creato una vera e propria rivoluzione nel mondo della CG e non solo.
La filosofia di BigRock è un qualcosa che se applicato al mondo del lavoro nel settore dell’arte, della cultura, dell’informazione riuscirebbe a creare sinergie uniche in questo campo, ed allo stesso tempo così grandi da aiutare, anzi spingere migliaia di giovani a inseguire i loro sogni.
Nella vicina H-Farm questo concetto si allarga alle start up. Visitate il sito, dico sul serio, vale più di mille miei inutili aggettivi. Un luogo strepitoso.

Insomma, questa Grande Roccia è un luogo dove la magia si crea principalmente perché ne sei circondato.
Poi certo, sono persone anche loro: non è che non litighino, non abbiano i loro pensieri o non facciano la cacca come le donne.

Ma è un gruppo così bello ed unito che rende tutto il resto intorno meno merda, ecco.

Oggi è il loro ultimo giorno dopo sei mesi folli.
Non sono andato perché sarebbe come imbucarsi ad una festa in casa di qualcuno, da solo e senza nemmeno aver portato da bere.

(che poi la festa stasera ci sarà ed io andrò, è un’altra storia che probabilmente non vi racconterò perché non ricorderò)

Io a ‘sti ragazzi gli auguri ogni fottuto bene, dal primo all’ultimo, da chi mi ha cercato la prima volta a chi mi ha dato un tetto, da chi mi ha offerto quattro Spritz a chi mi ha fatto vedere dei video così stupidi che ho riso tantissimo per ore.

Mi auguro, anzi sono sicuro, che quando vedremo la prossima bomba a mano della Pixar, Dreamworks o chi per loro, lì in mezzo ci sarà un diavolo di BigRocker che avrà reso la nostra visione un’esperienza unica.

Bravi.
Grazi.
Bis.

E speriamo che stasera non mi puntino.

Tre Secondi, Il Tempo Di Dire “Anche No”

Tic Tac.
Dodici per l’esattezza.
E non intendo ventiquattro secondi.

Ma proprio dodici Tic Tac, di quelle miste, mela-arancia-banana-susina-fragola.
O almeno ti dico essere state dodici, quelle caramelline che mi facevano l’alito hawaiano e che mi hanno permesso di baciarti senza preoccuparmi del fantasma di quattro gillèmmon ed un tre once di idroponica fattincasa che si dibatteva dietro quella coltre fruttata.

Musica reggae che pompa anche fin troppo forte per il nonno seduto in veranda che dondola dentro di me. Il mio corpo che ondeggia senza cadere solo grazie ad un mix di forza di gravità e vibrazioni dei bassi.
Ti vedo con la coda dell’occhio: molto bassa, molto riccia e molto “sbattimi forte ma parliamo anche dell’ultimo di Wes Anderson”.
Scatti foto ad un tizio alla mia destra, che però all’ultimo si sposta ed il flash mi becca con un’espressione in volto tra il sorpreso, il “oh mio dove sono?!” ed uno che sogna fisso un letto autoriscaldato in una stanza di privazione sensoriale per le successive otto barra nove settimane.

Obama_What

Guardi la foto sul telefono, poi guardi me e scoppi a ridere.

In un secondo ti sono addosso, ti prendo per i fianchi e ti sollevo.
Tu non opponi resistenza, anzi. Ti aggrappi con braccia e gambe come un koala sotto emmedì e cominciamo a scambiarci più fluidi di quanti se ne vedano in un porno brutto. Mi guardi e ridi.
“Che c’è?”
“Hai l’alito che profuma di frutta!!”
“Ho appena mangiato dodici Tic Tac!! Ti da fastidio?”
“Macché!! Anzi!! Profuma di Hawaii!!”
“Ma dwai?”
Se rimane aggrappata dopo ‘sta stronzata me la sposo, se scappa fa bene.
Rimani.
Ok. Da domani soldi da parte per il gran giorno. Ma per il momento.. limonare duro.

Dopo tre ore siamo a casa tua, scampati per miracolo ad un posto di blocco, tre elicotteri dell’FBI ed agli attacchini di cacca pound.
Dopo dieci minuti nemmeno provo a dirti che non mi è mai successo, perché sarebbe una cazzata e già so che, anche se per una notte, di cazzate non voglio dirtene. Tu ridi, poi sorridi, mi guardi con quegli occhi che non so e fai per ricominciare.
E.. oh, se ricominciamo.
Dopo altre quattro volte te lo dico, che non mi è mai successo.

Ridiamo.
Fuori fa luce, e pure dentro di noi.

L'unica altra alba che mi piace vedere.
L’unica altra alba che mi piace vedere.

Dopo tre mesi entri in camera mia con addosso solo la mia maglietta con il faccione fatto di Super Mario, con annessa canna in bocca e la scritta “Wiid” a caratteri Nintendo. Tazza di caffè fumante in mano. Taglio di sole sulle cosce.
Dea.
Torni sotto le coperte, poggi la testa sul mio petto e la mano con la tazza sul piumone.
“Ti amo”, mi fai.
Cuore out of orecchie.
“Anch’io”, ti faccio.
Guardo la tua nuca e sento il tuo sorriso.
Benessere.

Hipsterismi.
Hipsterismi.

Dopo tre anni siamo a casa dei tuoi amici.
Nelle ultime settimane siamo tesi, tu sempre presa dal tuo correre di casa d’altri in casa d’altri per arredarle, io a sbattermi tra il secondo libro da far uscire ed il trasloco da te.
I progetti si sono ammucchiati da una parte, tutti e due troppo presi da noi stessi senza riuscire però a dirselo in faccia, ad ammetterlo ed andare avanti da soli.
Stasera però siamo tranquilli, senza forzature ci facciamo trasportare in chiacchiere sul perché non siamo scappati tutti quando potevamo farlo. Poi ci accorgiamo di suonare vecchi e per sorridere degli anni che scorrono cominciamo a parlare di quando, come coppie, ci siamo conosciuti.
Iniziano loro con il volo perso per Londra, il caffè di lei, presa in una telefonata col capo per giustificarsi, versato addosso a lui, nervoso nel mandare mail per posticipare la riunione col marketing. Da lì le scuse, le risate, le cene per finire con una splendida casa e due pesti che in quel momento erano nascosti sotto il tavolo a sentire gli adulti.
Risate, “uccheccarini”, silenzio.
Tocca a noi.

Dopo tre ore siamo da te.
Mi lanci addosso di tutto, dai vestiti ai libri di Pessoa alla lampada a forma di chitarra ad altri vestiti, però sporchi.
“Per tutti questi tre anni mi hai mentito? PER TRE ANNI?”
“Tesoro, non credo che possa essere chiamato mentir..”
“Zitto cazzo!! ZITTO!! Sparisci, prendi la tua merda e sparisci PERDIOCAZZOMMERDA!!”

Dopo tre minuti mi ritrovo fuori dalla tua porta, cercando di capire le tre seguenti cose:

– cosa starà pensando la signora Pulletti, la tua vicina, che crede io non la veda ma i suoi capelli bianchi quasi celesti che spuntano dalla sua porta socchiusa si vedono eccome;
perdiocazzommerda? che straminchia significa?
– davvero l’ha fatta finita perché ho mentito sul numero di Tic Tac che avevo mangiato la sera che ci siamo incontrati?

Cioè, le dissi dodici, ma saranno state, tiè, tre. Ma non puoi lasciarmi dopo tre anni per questo, non dopo che ho pronti i miei quattro stracci chiusi in scatoloni pronti per essere portati da te.
No, cristo.

Guarda qui.
Guarda qui.

Ti vedo con la coda dell’occhio: molto bassa, molto riccia e molto “sbattimi forte ma parliamo anche dell’ultimo di Wes Anderson.
Scatti foto ad un tizio alla mia destra, che però all’ultimo si sposta ed il flash mi becca con un’espressione in volto tra il sorpreso, il “oh mio dove sono?!” ed uno che sogna fisso un letto autoriscaldato in una stanza di privazione sensoriale per le successive otto barra nove settimane.

Guardi la foto sul telefono, poi guardi me e scoppi a ridere.

Cazzo ridi, stronza ingrata?

Mi giro verso gli altri e chiedo, nell’ordine

cartina
filtro
sigaretta

che il resto ce l’ho io.

Mi giro di nuovo verso di te e non ci sei più.
Meglio così.
Saremmo stati male ebbasta.
Saremmo arrivati a pensare di aver buttato tre anni.

E invece io ho buttato solo tre secondi per immaginarmi tutto, per poi tornare a farmi sturare le orecchie da questi bassi troppo bassi, e ‘sti alti che non durano mai più di tanto.

E Poe Sia – Ben Venga

casa
cena
amici
disoccupazione
lutto
viaggio
silenzi
lacrime
assenza
tu
occhi
mare
Stretto
pazienza
amore
sorrisi
Angelo
alcool
abbracci
ghigni
spallate
scontri
urla
addii
blackout
confessioni
comprensione
ritorni
partenze
Termini
Berlino x3
aerei
attese
birra
alcool
erba
“piacere Jacopo”
“ti amo”
“coglione”
“perché?”
Breaking Bad
Le Cool
dischi
libro
scrivere scrivere scrivere
Poe Sie
novità
sorrisi
armistizio
sguardi
intensità
paura
insicurezza

‘sticazzi
me butto?
non so
ma intanto
quest’anno
è finito
che tanto
cambia solo
il numero
alla fine
e noi
non cambiamo mai
nemmeno di una virgola

quest’anno
zero propositi
che tanto
non li rispetto mai

anzi uno
uno solo
lo faccio
di star bene
tutti
almeno un po’
almeno nei momenti giusti
almeno insieme a chi se lo merita
giusto un po’
quel che basta
per arrivare alla prossima mezzanotte
indenni

lontani
ma indenni
che i fuochi
se li guardiamo insieme
son diversi
ma lo sfondo
quel cielo nero trapuntato per te
e quello artificiale di luci per me

è lo stesso

che insomma
in questo modo
abbiamo qualcosa in comune
andrebbe bene anche in Provincia
al massimo in Regione

tiè

però ecco
come vada
vada
che si possa avere qualcuno vicino
se non tutto l’anno
almeno quando fa un sacco freddo
quel freddo che ti rinfacci i piedi gelidi
da mettere tra le gambe dell’altro
almeno
quando fa troppo caldo
che ti si appiccicano i corpi
mentre si amoreggia
e fai quella scorreggetta coi petti
che il mio s’incastra
e il suo pure
e non puoi far altro che ridere
e amare

ecco

il mio augurio per tutti
che ci siano più rumori di sesso
e meno urla d’incomprensione
più scorreggette
più molle che cigolano
più incitamenti
più eccitamenti
più punti G
più sguardi in quel monento
più sigarette
più “è stato bellissimo”
e anche più
“non mi è mai successo prima”

l’importante

è che si scopi

tutti

un po’ di più

e se fra quel “tutti”
ci sono anche io

ben venga

il 2014

Harry_Sally

E Poe Sia – Quello Sì

QuelloSì

di solito è in bagno che ho le illuminazioni
tipo
“ho visto la luce”
sotto la doccia
sulla tazza
mentre mi vesto
questa mi è venuta ieri
mentre mi lavavo i denti
dopo una sigaretta magica
che mi ha fatto pensare ancora di più
e insomma mentre ero lì
a muovere il polso
e ad assaporare il mentolo
ho pensato che la vita è breve
troppo breve

“graziarcazzo”

penserà chi legge
ma fammi finire

dicevo
la vita è breve
ogni lasciata è persa
e meglio soli
che Mal accompagnati

che a me
Mal
mi fa cacare

e pensavo a te
non a te
te
ma a te
che manco lo sai che ti penso così spesso
e pensavo che è fico
pensarti
anzi
pensare di pensarti

che in teoria non dovrei pensarti
ché ho messo su la scorza
di uomo vissuto
piaciuto
fottuto
c’ho lo scudo addosso
formazione a “testuggine”

solo che vado troppo lento
così
e la lentezza m’annoia

e allora non ti penso
penso
di pensarti
così non mi sento in colpa con me stesso
e sto a posto colla coscienza

“siam pari”

le dico

“fai te”

mi dice

e io allora penso di pensarti
che non stai qui
ma non mi manchi

zero

niente

io
non sento la tua mancanza

zero

niente

non la sento
la tua mancanza

però

percepisco la tua assenza

quello sì

E Poe Sia – Indigestioni

© www.michellejanelee.com
© http://www.michellejanelee.com

mentre rovisto
tra fogli bianchi
a righe

ho ancora quelli con le righe cicciotte
e quelli con le righe un po’ grandi
un po’ piccole
per allenarsi
a fare le lettere coi ghirigori

e insomma
mentre rovisto

trovo un sacco di liste della spesa
di anni fa
ma proprio tanti
di quando avevo altri vestiti
altri capelli
altri pizzetti
altre altre

e dalle liste mi ricordo chi
cosa
quando
come

c’è la lista del messicano
di quando mi cadde il vino sui pantaloni
ma dovetti trattenere il mio elenco di santi
ché c’era lei
e sembrava brutto
star lì a gridare il perché
ce l’avessi tanto con San Crispino

poi c’è la lista di Lecce
di quando vivevo solo
in una stanza che sembrava la metà
di sé stessa
e di quella sera che per festeggiare il mio primo stipendio
comprai fegato
cipolle
vino rosso
e fingevo di essere Hannibal
da solo
mi sarei quasi mangiato
per quanto ero contento

alla fine

ho ritrovato anche
la lista
delle cose che non ho mai comprato
per una cena sushi
e una francese
e una pure tedesca
tiè

era tutto scritto lì
dal salmone
allo stinco stufato
passando per le escargot

il problema è che ora
da solo
tutta ‘sta roba non me la mangerei

ché avrei bisogno
di qualcuno con cui condividere

l’indigestione
di pesce
lumache
carne

e amore