E Poe Sia – Ben Venga

casa
cena
amici
disoccupazione
lutto
viaggio
silenzi
lacrime
assenza
tu
occhi
mare
Stretto
pazienza
amore
sorrisi
Angelo
alcool
abbracci
ghigni
spallate
scontri
urla
addii
blackout
confessioni
comprensione
ritorni
partenze
Termini
Berlino x3
aerei
attese
birra
alcool
erba
“piacere Jacopo”
“ti amo”
“coglione”
“perché?”
Breaking Bad
Le Cool
dischi
libro
scrivere scrivere scrivere
Poe Sie
novità
sorrisi
armistizio
sguardi
intensità
paura
insicurezza

‘sticazzi
me butto?
non so
ma intanto
quest’anno
è finito
che tanto
cambia solo
il numero
alla fine
e noi
non cambiamo mai
nemmeno di una virgola

quest’anno
zero propositi
che tanto
non li rispetto mai

anzi uno
uno solo
lo faccio
di star bene
tutti
almeno un po’
almeno nei momenti giusti
almeno insieme a chi se lo merita
giusto un po’
quel che basta
per arrivare alla prossima mezzanotte
indenni

lontani
ma indenni
che i fuochi
se li guardiamo insieme
son diversi
ma lo sfondo
quel cielo nero trapuntato per te
e quello artificiale di luci per me

è lo stesso

che insomma
in questo modo
abbiamo qualcosa in comune
andrebbe bene anche in Provincia
al massimo in Regione

tiè

però ecco
come vada
vada
che si possa avere qualcuno vicino
se non tutto l’anno
almeno quando fa un sacco freddo
quel freddo che ti rinfacci i piedi gelidi
da mettere tra le gambe dell’altro
almeno
quando fa troppo caldo
che ti si appiccicano i corpi
mentre si amoreggia
e fai quella scorreggetta coi petti
che il mio s’incastra
e il suo pure
e non puoi far altro che ridere
e amare

ecco

il mio augurio per tutti
che ci siano più rumori di sesso
e meno urla d’incomprensione
più scorreggette
più molle che cigolano
più incitamenti
più eccitamenti
più punti G
più sguardi in quel monento
più sigarette
più “è stato bellissimo”
e anche più
“non mi è mai successo prima”

l’importante

è che si scopi

tutti

un po’ di più

e se fra quel “tutti”
ci sono anche io

ben venga

il 2014

Harry_Sally

Nel Bene E Nel Mare

“Che io in Germania non potrei mai andare a vivere. Parliamoci chiaro, in Italia abbiamo il clima mite, il buon cibo. E poi i posti da vedere, i monumenti, la cultura, la storia. Cazzo il mare!! Abbiamo il mare!!”.

Allora, tralasciamo per qualche riga la questione mare, che affronteremo brevemente ma di testa. Quello all’inizio è il mattone classico che l’italiano ti propina tornando dalla Germania (o come dalla Gran Bretagna, dalla Francia e così via), o rispondendoti dopo avergli detto che pensi di trasferirti. Solitamente chi dice questa sfilza di cliché che nemmeno tua nonna quando ti ammoniva di “copritte li reni” sta seduto al gate di Schoenefeld con la felpa della FIAT e sotto la maglietta “I ♥ Berlin”, occhiali da sole Prada falsi come Pannella e panino con prosciutto da 12€ all’etto preso al Kadewe. Parla come se la Germania fosse stata scoperta l’altro ieri da esploratori napoletani con le Hogan.
Il concetto che il venditore abusivo di birre alla sagre tenta di esprimere con frasi prese dal calendario di padre pio, tra un morso al panino ed una ravanata di pacco, non sarebbe nemmeno troppo esagerato, almeno per quanto riguarda il binomio clima-cibo. A Berlino, perché lì sono stato e di questo parlo, si passa dal “freddino oggi” al “ti prego pisciami addosso”. Anche il cibo non è che sia eccellente: preferisco una singola mozzarella ovolina ad una dieta basata esclusivamente su stinco di porco affogato in lardo umano con contorno di cipolle e crauti.
Ma ci si abitua a tutto no? Per i vego-vegetariani noi non dovremmo essere predisposti a mangiare carne e invece guarda quanto sangue mi cola sul mento.
La cultura vabbè, a un certo punto cheppalle le rovine: a Berlino potresti girare per musei e gallerie e studi d’arte per giorni senza dormire e ancora non avresti nemmeno iniziato.

Ma arriviamo al mare, perché è qui che voglio andare a parare. La rovina dell’Italia, oltre agli italiani stessi, è proprio il mare. Il nostro mare, insieme alle sue spiagge, sono il più grosso cesso a cielo aperto che si possa immaginare. Peggio di quella fiumana di gente che ogni anno si “purifica” nel Gange.
Parlo nello specifico del Salento, che conosco bene ormai ma ne parlo soprattutto perché altrimenti certa gente mi accusa di parlare di cose che non conosco solo perché non lo prendo al culo. Come loro. Ma vabbè, sto divagando.
Voi in Salento venite quelle due settimane al massimo dove correte da Otranto a Santa Maria di Leuca, con tappe nei vari locali più o meno chiccosi del cazzo. “Ma che mare, ma altro che [Sicilia, Sardegna, Caraibi], GUARDACHEMMARECAZZOOOOO!!”, o “ma costa pochissimo questo Mojito fatto col rum dell’Eurospin” sono le frasi tipiche da dire in circostanze salentine.

E via che migliaia di famiglie urlanti e senza dio si riversano con i loro materassini, le loro parmigiane e la loro innata, italianissima maleducazione. Mamme che chiamano i loro figli manco fossero la Magnani prima di essere sparata, vecchi catarrosi che giocano a racchettoni con la pallina che regolarmente finisce più sui tuoi coglioniche in aria tra di loro, cellulari usati come stereo con ancora sparata a palla quella merda infinita di “mossa mossa” che spero quel cretino sia finito in coma per abuso di fisarmonica.
Cicche, bottiglie, carta: tutto in spiaggia, però stasera andiamo alla sagra ecologica che fanno la differenziata.
In questo esatto momento sono a Punta della Suina.
Vi linko quello che trovereste cercandola sulle immagini di Google. Via aspetto qui.
Pronti?

Via.

Fatto?
Bella vero? “Che mare eh? Altro che  [Sicilia, Sardegna, Caraibi], guarda che sabbia dioooooomiooooo!!”.
Bene, adesso guardate qui:

Che spettacolo.
Che spettacolo.
Che mare eh?
Nel caso servisse la cassetta per il pesce che non pescherete.
No dico: guarda che bello.
No dico: guarda che bello. Nel caso affogassi nella sabbia.

Bello vero?
“Eh ma quella è roba da mareggiata, che vuoi farci?”.
Ci faccio che ho pagato cinque euro per il parcheggio, e mi aspetto che qualcuno levi la merda che comunque, qualcun altro, in mare ha buttato. Perché mentre qui vicino allo stabilimento privato è così pulito che manco in ospedale, io sono vicino a così tanta plastica che se la sciolgo faccio il pieno ad una nave mercantile per i prossimi sei mesi.

Il mare, in Italia, è il male.
È il posto dove la feccia maleducata di città viene a fare le stesse cose che fa a casa sua: sporcare, dare fastidio, farsi vedere. A discapito del prossimo più vicino, che sia quello d’ombrellone o quello di casa vacanza.
Se non ci fosse il mare, forse occuperemo il nostro tempo a rivalutare città che solitamente ignoriamo. Come la nostra, per esempio. Potremmo andare in musei che di solito usiamo solo come riparo dalla pioggia, ci godremmo di più scorci ed angoli che solitamente ignoriamo, magari anche impegnandoci a rivalutarli ed a renderli più belli.

E invece no, tutti al mare.
Guarda qui, altro che Germania.

Di Un Fratello

[questa bellissima foto è tutto merito e talento di Otty, di cui vi linko l’album della serata qui ed una altro breve quanto bellissimo omaggio ad Andrea, qui]

Sì, questo è un uomo.

Per un sacco di tempo io e lui ci siamo odiati. Picchiati, insultati, non ci parlavamo per giorni, e appena uno dei due si rivolgeva all’atro nel giro di cinque minuti si finiva con una rissa in cortile: calci, pugni, teste schiacciate contro le sbarre (quale ironia eh?) della finestra enorme della cucina e uno dei due che trascinava l’altro per i capelli.

Erano le elementari.

Poi, chissà come e perché, ti troverai a parlargli di me.. no scusate.. chissà come e perché è nata un’amicizia. Una di quelle che dopo vent’anni ti ritrovi ancora insieme, anche solo per una sigaretta.
In mezzo a quei venti anni, è successo davvero quello che può succedere in vent’anni: di tutto.

Scuole diverse, amicizie diverse, ma sempre quel filo che ti lega. Le passioni di uno contagiano l’altro, anche solo se per una sera dopo mesi, così tanti mesi che finiva per essere un anno e più. E proprio dopo il periodo più lungo in cui non ci si vedeva, quando mi ero trasferito a Lecce, ecco che inizia una quasi convivenza. Iniziano serate che diventano mattine, ore passate a bere e chiacchierare dove lavorava come ottimo cuoco, ho conosciuto degli ottimi pub e lui ha scoperto gli stand up comedian. E nonostante i nostri gusti musicali siano totalmente opposti -lui dj, produttore, amante della techno e di quelle che per me sono solo manopole, io che ascolto e basta, tutto tranne proprio la techno e “roba così”- siamo sempre riusciti a farci scoprire cose nuove che hanno influenzato le nostre playlist. Parliamoci chiaro, mi ha fatto conoscere i Bud Spencer Blues Explosion.. eccheccazzo.

E alla fine arriva la prova di maturità, quella lontananza forzata, quei mesi infiniti di attese e bestemmie, notte insonni e divani a metà. Poi ogni tanto una visita, all’inizio veloce il tempo di un abbraccio, poi piano piano i momenti diventano ore, sempre nella stessa stanza ma sempre con parole nuove, le solite cazzate e tante, grandi riflessioni.

Forse lui non lo sa ancora, perché codice maschile vuole che si tengano dentro le cose forti, ma da lui ho imparato tantissimo. Senza volerlo, sfogandosi, parlando e discutendo mi ha insegnato a prendere di petto le cose, mi ha fatto capire come reagire davanti a situazioni più grandi di te, lui che si è trovato di fronte ad una cosa enorme per chiunque.

E nonostante di momenti belli, in questi tre anni, ce ne sono comunque stati, la serata di Sabato chiude una parabola ascendente, e la chiude con quel sorriso che si è fatto strada a cazzotti nella tensione di una nuova prima volta, quel braccio alzato in aria, quella sigaretta spenta in bocca che può attendere prima di essere accesa, perché adesso entra la cassa.. ed è suono di una nuova rinascita.

Quel sorriso, quella felicità generata dall’angoscia di troppo tempo lontano dal mondo, queste cose sono l’esempio perfetto di come, davvero, si possa rinascere.

Bentornato fratello mio, mò sì che se divertimo.