(cose mal digerite ed appuntate al momento che copincollo prima che finiscano sotto al sedile di “Wristcutters” detto anche “di cosa stavamo parlando?”)
Chi abita a Roma sa di cosa parliamo quando sgraniamo gli occhi davanti ai “cambiamenti” da campagna elettorale. Come dicevo qualche tempo fa, la ventata di aria nuovamente vecchia penetra nelle crepe istituzionali della città, riempie gli ignoranti polmoni della gente ed arriva al cervello facendoti credere che sia tutto vero. Una sorta di gigantesca allucinazione collettiva che ti fa vedere operai che operano, vigili che vigilano e autobus che autobussano.
Cose reali, ma che poi spariscono regolarmente alla conclusione delle elezioni.
Ma siamo nel 2013, esiste un mondo parallelo fatto di reti wifi e smartphone grazie al quale veniamo a sapere che le stampanti 3D sono in grado di riprodurre un rene
e che Gianni Alemanno ha un account YouTube.
Lo scopri perché ti tocca vederlo in tuta nera mentre va a caccia di mignotte sulla sua moto, perché a lato del video i primi consigliati sono Alemanno tra la gente, Alemanno spazzino,Alemanno a un comizio, Alemanno che respira, Alemanno che guarda. Sembrano le serie di libri per bambini dove l’orso sfigato diventa un eroe all’ultima pagina.
Oggi, però, si è raggiunto il climax, il colpo di scena finale che tutto crea e tutto distrugge: papà Berlusconi raccomanda il figlio tutto speciale Alemanno. Un video che non puoi esimerti dall’ammirare, slogando le tue mascelle in un’espressione tra l’incredulo ed il santiddio.
Lo zar compare seduto nel salotto di una casa scelta ed arredata probabilmente dallo scenografo dello spot con Alvaro Vitali per MAS: tessuti dorati, quadro con dipinto un qualche monumento con particolare dorato, lampada di mia nonna con finiture dorate, protagonista con faccia d’orata.

In rigoroso completo con spilla tricolore, papà Silvio sembra il genitore chiamato dal preside perché non sanno se bocciare o meno il figlio. Un padre farebbe di tutto, pur di far passare l’anno (cinque, in questo caso), e quindi di getta nel classico pippone pidiellino con introduzione, cose cattive sui comunisti, cose buone sul figlio.
Inizialmente esorta tutti a votare (#vincechivota), sottolinea che il sindaco è di tutti i romani come se questa cosa non fosse mai stata già detta in ogni occasione al mondo per qualunque tipo di ruolo, e comincia con il pippone contro Marino (solo scrivendo il nome, gli ho già fatto più campagna elettorale di quanta ne ha fatta per sé stesso).
Nell’ordine, papà tentacolo lungo ci dice di non affidarci al vivisezionista seriale perché:
– “Marino non è di Roma“.
Vero, è di Genova. Così come anche Alemanno non è di Roma, bensì di Bari;
– “Marino non conosce la città”.
Ora, non so come fare le pulci in fatto di toponomastica urbana a Ignazio, però ieri al confronto Sky a sbagliato un re su sette, mentre er sindeco sui nomi dei Colli ha preferito glissare. Giudicate voi, io lo chiamo attacco di “mecacosotto”;
– “Marino non ne conosce vita e problemi”.
Sarà, ma di certo sarà a conoscenza del fatto che la vita rasenta quella di gente sotto coprifuoco, che ha perso il senso della realtà e cammina coi paraocchi, ed i problemi sono quelli di una città dell’est Europa di vent’anni fa, con servizi inesistenti e criminalità a mille.
Poi passa al figliol prodigo, elogiando la sua conoscenza della città (“di Roma conosce tutto”); dice che “ha lavorato bene per cinque anni”, anche se penso volesse dire “ha piazzato gente a lavorare per bene”; sa cosa bisogna fare per migliorare la nostra vita e quella della nostra città, e questa sembra una frase che un maniaco direbbe alla sua vittima in un filmaccio di serie ics: “so io cosa è bene per te piccola, so cosa ti serve. Quello che ti serve è essere sodomizzata mentre ti tengo la testa nel cesso tappandoti il naso con un morsetto da batteria”. Diciamo che mi è suonato così.
Infine ci raccomanda di andare-a-votare, e di scegliere la “competenza, l’esperienza e la serietà di Gianni Alemanno, sindaco della nostra capitale”.
Un papà in piena forma, tre quarti di minuto splendidi, perfetta sintesi della propaganda liberticida cui ormai siamo abituati.
Dopo anni, possiamo capire da soli chi e chi non, giudicando in base a fatti reali, dalla lettura di una delibera sbagliata ad una passeggiata per Roma. Perché basta fare due passi per capire che troppe cose non vanno.
Io Marino il vivisezionista seriale non l’ho votato al primo turno, avevo ben altro per la matita.
Ora è un passaggio obbligato, ed agire al contrario sarebbe come tifare ancora per Lance Armstrong.