
Mi alzo ancora impastato dalla sera prima, gli occhi gonfi ed il cervello che sbatte nel cranio nemmeno fosse la fail compilation di Aprile. Dopo la pisciata da seduto per non sbagliar mira ed un caffè veloce, mi metto la maglietta del giorno prima, i jeans dei due giorni prima, e le mutande me le tengo, che da seduto mentre pisciavo ho visto che si può ancora fare. Calzini leggeri, scarpe ancora più leggere. Mi preparo la prima sigaretta della giornata, inforco gli occhiali da sole ed esco.
Dopo aver salutato Drugo per tutte le scale che portano alla strada chiusa, m’incammino per arrivare all’incrocio dove prendere l’autobus. E noto la prima cosa strana. Lì per lì non capisco, è talmente impercettibile e sconcertante allo stesso tempo che i miei occhi si muovono come quelli dei camaleonti per un po’. Considerando che i miei occhi già solitamente si muovono in quel modo, questo crea un corto circuito che mi fa crollare definitivamente, e mentre mi inginocchio in preda ad una crisi mistica, capisco: hanno rifatto la strada. L’asfalto fresco quasi luccica, il suo odore è ancora nell’aria ma non è pesante, è quasi un aroma che mi accompagna fino alla fermata. Questo profumo scatena un qualche ricordo, forse un impegno, un qualcosa da fare tra un po’ ma proprio non mi viene in mente, e poi ecco l’autobus.
Stranamente puntuale.
Dopo nemmeno dieci minuti sono già sul treno. Un piacevole e breve viaggio sull’autobus, senza buche o pannelli di ferro che sbattono contro altro ferro che di solito di fanno sperare di morire il più velocemente possibile, il tempo di arrivare al binario che ecco il treno, anche lui preciso come non lo era da mesi. E mentre sono seduto, in viaggio verso Tiburtina, ecco che compare. Lui, l’altissimo, l’intangibile: il controllore. Pensi che in effetti ultimamente se ne vedono molti di più rispetto al solito. Continuo a pensarci mentre gli mostro l’abbonamento, e ci penso ancora mentre scendo le scalette mentre il treno rallenta, e smetto di pensarci quando sento odore di pulito, di appena pulito, e scatta di nuovo il ricordo di dover ricordare, qualcosa da fare tra qualche settimana, e intanto l’odore di pulito mi accompagna mentre scendo per entrare nei corridoi lunghissimi di Tiburtina.
Scendo a largo Preneste nemmeno venti minuti dopo. Scendo dal 409, stranamente vuoto e veloce. Scendo mentre vedo un altro 409 dall’altra parte, anche lì poca gente. Attraverso la strada e decido di aspettare il tram, anche solo per quella fermata, che oggi il mio culo ha più piombo che gli anni ’70. Cammino sulla banchina ed arrivo vicino alla panchina, una di quelle nuove bianche con la seduta più scomoda del pouff di Fantozzi. E mi accorgo che non solo è una di quelle nuove. È una di quelle nuove, ma nuova. Nel senso di appena bullonata, lucida come un ospedale, con la scritta della fermata ancora tutt’intera ed addirittura la pellicola sui vetri pubblicitari. Se Steve Jobs si fosse lanciato nel mondo delle infrastrutture, questa panchina l’avrebbe disegnata lui. Una folata di vento fa muovere un angolo della pellicola, ed un odore di nuovo mi risveglia. Ancora. Mentre nel naso mi arriva l’odore tipico di una confezione appena aperta, nel cervello riparte la giostra che gira per arrivare a farmi ricordare che cazzo devo fare tra qualche settimana. Continuo a pensarci mentre salgo sul tram, mentre sono sul tram, mentre scendo da questo fottuto tram e ancora non mi ricordo che co..
Ed ecco che un ultimo odore mi fa ricordare tutto, come uno che si riprende da un amnesia. Sono a pochi passi dal portone del palazzo della mia ragazza, quando la puzza di un’enorme cacca mi apre le porte della percezione e capisco: siamo in odore di voto.
Questa decadente città che è diventata Roma, ad un paio di mesi dalle elezioni per scegliere il sindaco, rinasce. Si popola di operai stradali indaffarati, di integerrimi controllori, di dipendenti ATAC attenti e precisi. Le strade brillano, le buche spariscono, gli alberi sono potati al punto giusto ed i vigili sono sempre nei loro gabbiotti. Ci sono più poliziotti in giro, ma sono meno invadenti e più osservatori.
E capisco che sotto tutta quella serie di odori, quello dell’asfalto, sotto quello di pulito del treno, tra quello della plastica nuova, sotto a tutto questo c’è la puzza di merda e marcio che è sempre presente, ma che in periodi come questo si attenua e cerca di confondersi tra il nuovo. Si insinua e cerca di distrarti da quello che in realtà è sotto i tuoi occhi tutti i giorni, ma che ultimamente è più bello e profumato.
Mi ricordo che a fine Maggio, il 26 ed il 27, devo andare a votare. E devo scegliere tra uno che forse se ne va ma intanto prova a spruzzare deodorante per l’ambiente per aver vomitato su questa città dopo essersi ubriacato a spese nostre con amici e parenti; uno che ha dovuto fare le primarie per essere candidato di un partito che ormai non esiste più, e che in più ha il piglio di un peluche; uno del M5S; uno che ha contribuito a riempire Roma di cemento e che adesso parla di green economy. Tralascio gli altri, che nemmeno meritano attenzione.
E quindi? Niente da fare, ennesimo voto da naso tappato e occhi socchiusi?
Stavolta no.
Me dici chi?
Te dico Sandro Medici.
Uno che sa il fatto suo, sa cosa dice, sa cosa ha fatto. Non mi dilungo, qui trovate tutto. Spoiler: suona le percussioni da dio ed è della Roma. Poi fa anche politica eh.
(rimanete sintonizzati verso l’Angelo Mai Altrove Occupato. non si sa mai)