Una Gran Rottura

“Ma mi spieghi come sia possibile non riuscire più a comunicare con una persona così, de botto, senza senso?
Sbaglio, o c’è ancora il principio di azione – reazione nel mondo? Roba di dinamica, se il 4 in scienze alle superiori non mi tradisce. Roba che non è che sparisce così, come un pezzo di cartina a cui dai fuoco nel posacenere. Dico, se a un certo punto c’è una reazione, da qualche parte ci dev’esser stata pure l’azione no?
E allora come la mettiamo se ‘sta reazione nasce dal nulla?
Come ci poniamo di fronte al fatto che a un certo punto uno preferisce metter su la peggior faccia da cazzo che si ritrova, che anzi forse non sapeva manco di avere, e reagire così, senza un’azione precedente?
Mi spiego.

Se io ti dico che ti voglio bene, ti aspetti da me che mi comporti di conseguenza. Potrei essere duro a volte, ma la base per me rimarrà sempre il volerti bene.
Se ti dico che me stai sur cazzo, di certo non mi vieni a chiedere di andare a cena insieme.
Se ti dico, mentre sei sull’uscio intento ad andrtene e non tornare più, che magari potremmo riprovarci dopo mesi di estenuanti ricerche della formula perfetta per rimanere insieme e tu mi dici

“oh, sto con la valigia in mano, l’Uber di sotto e dopo due mesi di quarantena insieme in cui pareva che basta fine kaput adesso potrei essere un poco confuso

se poi ci rivediamo dopo, chessò, dieci giorni, pure se me può rode il culo a manetta. io proverei capire. Farei domande. Proverei a dare risposte.

Giusto?
Giusto?

E invece ti lascio lì, con le tue domande, con te che immagini ancora la scena davanti alla porta valigia / zaino / monitor di lavoro munito per trasferirti (per la quarta fottuta volta in sei mesi), ti lascio in mezzo a una strada e penso pure che sei stronzo, perché per me sei tu che non vuoi parlare quando non realizzo che, magari, le cose da dire le ho io.

Ecco, come ci rimarresti?
Considerando che sai che ti voglio bene e, almeno all’apparenza, non mi stai sul cazzo, ci rimarresti di merda no?
Beh perché io sì cazzo.
Soprattutto se insieme facciamo quasi 70 anni di cui cinque passati sulla stessa linea spazio-temporale. E funzionava eh.
Che io lo capisco che poi nascano i problemi, tipo che non ci si inizi a conmprendere più così bene come prima. Cioè posso capirlo, perché magari non c’ero mai passato ma a 35 anni le storie degli altri le hai sentite, non sei stupido e nemmeno così tanto innamorato in modo idiota da pretendere che tutto fili liscio per sempre.
I problemi però si affrontano, se uno lo vuole.
Se uno si vuole bene davvero. E non intendo reciprocamente eh, volemose bene.
Dico proprio volerti bene tu, a te stesso medesimo, perché altrimenti vuole dire che uno in quei problemi ci sguazza, che mantenere tutto in uno stato di sospensione, di incertezza, di indecisione è la pozza sporca in cui ti senti a tuo agio.
Cioè. diventa la scena del cavallo ne La Storia Infinita, solo che il cavallo non vuole essere salvato e tu comunque ci provi lo stesso, lui rimane lì, tu ti disperi, lui rimane lì.
Tu provi a incitarlo, e lui rimane lì, anche perché è un cazzo di cavallo e quindi non è che comprenda benissimo quello che dici, soprattutto se lui in quella guazza di domande, dubbi, orgoglio ci sta bene.
Ecco, a una certa ti ritrovi a stare con un cavallo, si potrebbe dire. Tu sarai pure capace di sussurargli le cose, ma se quello vuole prendere e partire per le praterie non puoi farci nulla.

Che poi stai lì e investi tempo, energie, sentimenti che finiscono tutti dentro un calderone delle cose perse, a bruciare con aggiunta di bile e delusione.
Ti ritrovi solo, di nuovo, a girarti nel letto manco fossi Neo che evita le pallottole, a pensare e pensare e riempire quei vuoti di informazioni come puoi, che di solito è male con pensieri demmerda che poi no, come diceva nonna, “a pensà male”.

Insomma va beh, lo so che stai per dirmi.
Ci vuole tempo.
Tempo al tempo.
Il tempo è denaro.

Io lo so, avevo iniziato a contare già sei mesi fa.
E non ho problemi a ricominciare a contare.

Però certo che tutta ‘sta storia, è una gran rottura.”

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