
Due mesi esatti.
Manco a farlo apposta, ma esattamente due mesi.
Arrivavo di Domenica, me ne vado di Sabato.
In mezzo tante facce nuove, belle e meno belle, ma di sicuro facce sopra a corpi con dentro cuori e cervello che qualcosa mi hanno lasciato.
C’è chi mi ha fatto ridere tanto, tantissimo. C’è chi mi ha fatto piangere, da una gatta che non c’è più a cani -umani- che ci sono ancora e che continueranno a fare del male. C’è chi mi ha insegnato qualcosa, dalla storia dei posti dove mi trovavo ad un particolare su un film che stavo vedendo. Ho mangiato cose nuove e gustato cose vecchie. Ho preso e perso chili, ma soprattutto preso. Tornato a Roma per una sera mi son sentito dire da tutti “ti trovo benissimo”, ed è stato bello perché mi ci sentivo, benissimo. Soprattutto perché se sono andato via dal Salento, ci dovevo -volevo- tornare ed era come tornare a casa.
Ho anche sfiorato la scopata, in Salento.
Ma soprattutto ho vissuto di nuovo con mia madre e mio fratello, e per quanto scontato sia dirlo -ma lo è?-, io gli voglio bene.
Mi ero quasi dimenticato cosa volesse dire avere la mamma accanto, che si preoccupa, si congratula, con cui spettegolare e vedere un film, che ancora ti dice “metti a posto” e che si sorprende quando lo fai senza che te l’abbia detto. Che capisce se c’è qualcosa che non va quando non parli per più di dieci minuti, e che gira gli occhi al cielo -per finta- quando non t’azzitti mai. Che ti prepara da mangiare sempre, e che si gode una cena che per una volta prepari tu. E le piace pure. Ci voglio bene a mamma mia, ma tanto.
E poi tuo fratello, che quando non c’eri è cresciuto e pure parecchio, che adesso è alto quanto te e ti senti di trattarlo com un coetaneo. Ma non lo è, e quindi certe volte ti ritrovi a parlargli da “adulto” e ti aspetti risposte da “ragazzo” e ti sorprendi da morire quando ti risponde, perché finisci per fare discorsi alti e ti piace. Tuo fratello con cui finalmente vai a vedere i concerti, con cui ti ammazzi dalle risate per le cazzate che dice -un genio, davvero-, tuo fratello con cui piangi e che ancora consoli perché in fondo è un po’ un bambino. Tuo fratello che convive con il diabete senza mai un lamento, che quando quella volta si è svegliato con l’ipoglicemia in cerca di zucchero ti è saltato il cuore in gola ed è finita con lui che tranquillizzava te. Tuo fratello di cui sei così orgoglioso quando va in viaggio studio in Germania, senza nemmeno pensarci due volte, che viene con te in campeggio e ti sopporta mentre stai sfranto e anzi, si ammazza dalle risate. Quel fratello che cresce lontano da te ma di cui sai poterti fidare, e che speri -sai- farà meglio di quanto tu possa aver fatto fin’ora. Bello lui. Continua così.
Domani torno a Roma, il vil denaro chiama.
Ma sappi mio caro Salento che voglio tornare, sappiatelo tutti.
Torno a Roma per continuare quello che ho cominciato qui, cercando di portarmi dentro il sole che mi hai regalato, i sorrisi che mi hai lasciato, il profumo di nuovo che mi è rimasto addosso.
Mi hai riempito gli occhi ed il cuore.
Questo non è un addio.